Il successo del gin e la moda che non passa mai

Storia ed origini del Gin

Gin, una parola che richiama subito il ginepro, una botanica che dona l’aroma predominante a questo storico distillato.

In Olanda, nel corso del XVII secolo, un farmacista preparò un’efficace ricetta diuretica a base di bacche di ginepro infuse in alcol, che chiamò jenever.
Efficace e corroborante, l’acquavite aromatica fu subito un successo e alla fine della Guerra dei Trent’anni combattuta da Olanda e Inghilterra, i soldati inglesi rientrarono in patria con il Dutch courage, o jenever olandese nelle borracce.

Tra il XVII e il XVIII secolo, in piena rivoluzione industriale, in Inghilterra alcuni distillatori avviarono la produzione di un’acquavite e imitazione dello jenever olandese, inventando una tecnica di lavorazione che prese il nome di London Dry Gin, metodo per ottenere un gin particolarmente secco, aromatico e resinoso.

Con il metodo London Dry Gin si iniziò a distillare anche in Spagna, Germania, Stati Uniti e in altri paesi del mondo, ma secondo precise regole, da un mosto di cereali si cava un distillato a gradazione alcolica piena di 96% vol.
Si tratta di un prodotto inodore, in purezza di aromi, adatto ad accogliere i profumi dei botanicals dalla ricetta del gin, ginepro in predominanza, angelica, mandorle, scorze di limone, cardamomo ed altri sulla cui definizione, e soprattutto sulle dosi impiegate, i distillatori hanno da sempre mantenuto il segreto.
La cavata a pieno volume alcolico ottenuta dalla prima distillazione è posta di nuovo nell’alambicco e scorre, sotto forma di vapore, attraverso i botanicals rinchiusi in una specie di cestello forato, applicato all’interno della colonna di rettificazione.
I vapori alcolici, salendo nella colonna, si impregnano di aromi e si condensano di nuovo in alcol che contiene tutti i profumi catturati.
Lo jenever olandese nelle tipiche bottiglie di terracotta.
Lo Schiendam, la qualità più pregiata, prende il nome dalla città olandese dove già nel corso del XVII secolo la distillazione di acquavite aromatizzata al ginepro era pratica in quasi 100 distillerie.
Oltremanica la diffusione del consumo di gin ebbe dimensioni imponenti, il rischio di abuso di alcol da parte della popolazione e la necessità di reperire denaro per sostenere le guerre di conquista a lungo termine diedero vita, già nel XVII secolo, a un sistema di monopolio che pesò gravemente sulle distillerie inglesi con l’imposizione di pesanti tasse a riscontro della quantità di gin prodotta.
Il contraccolpo al provvedimento fiscale non tardò a manifestarsi nella forma di una consistente produzione clandestina di gin di qualità scadente.
Con il Gin Act del 1736, l’Inghilterra pose in essere una strategia di controllo sulla produzione delle distillerie così efficace da mostrarsi valida ancora oggi.

Il boom del Gin che non smette mai di fermarsi

La diffusione ed il successo del Gin non smettono mai di fermarsi, complice il successo del ‘gin tonic’, che è uno dei drink più bevuti oggi nel mondo, il gin è diventato popolarissimo.
Dopo tanti anni di ‘mondo vodka’ il gin si sta riprendendo una grandissima rivincita e il ‘gin tonic’ è il modo migliore di degustarlo, anche perché soltanto un numero irrisorio dei consumatori italiani lo beve in purezza, a differenza di quanto accade invece in Paesi come la Germania e il Regno Unito.
La grande fortuna del Gin pare sia legata alla sua trasversalità.
In qualche modo riesce a farsi accogliere da tutti i palati.
Il boom degli ultimi anni ha infatti portato alla nascita di tantissimi Gin aromatizzati.
Ciò concede a tutti di trovare il proprio gusto.
È importante anche considerare che le aziende leader hanno investito molto negli ultimi 10 anni su questo distillato.
È un mercato in forte evoluzione, il Gin è nel mondo tra le categorie di spirits che più stanno emergendo in termini assoluti.

Il mondo del Gin in Italia

Per restare in Italia, va sottolineato, che la crescita esponenziale dei gin prodotti negli ultimi dieci anni ha portato nel 2022 a circa 800 i gin italiani prodotti, di cui diversi realizzati con botaniche coltivate nel nostro territorio, fatto che, come nel vino, serve a valorizzare i singoli ‘terroir’”.
A volte i Gin sono tentativi, bozze, esercizi di stile in quanto tali.
Ci sono aziende che producono dalle 10 alle 100 bottiglie con nome e brand personalizzati, e ci sono, al contrario, produttori italiani che si sono impegnati con grandi investimenti.
800 gin italiani prodotti nel 2022, è un numero che include anche chi produce 50 bottiglie e si improvvisa produttore aprendo una pagina sui social.
È un mondo assolutamente variegato, con realtà produttive molto diverse tra di loro, da chi ha aperto una distilleria, a chi invece se lo fa produrre avvalendosi di professionalità esperte.
Sono pochi quelli che vendono oltre le 25mila bottiglie l’anno e ancora meno quelli che superano le 100mila.

In questo scenario esistono anche dei rischi, come trovarsi davanti ad una bolla che può esplodere in assenza di un disciplinare che aiuti i migliori ad emergere e a rafforzarsi in un mercato che si sta segmentando e stabilizzando, diretto verso una premiumizzazione, con una richiesta di prodotti di qualità. Gli esperti del settore sottolineano che c’è bisogno di una filiera circolare, di praticare la sostenibilità e puntare sulla nostra storica produzione di ginepro, con il quale si fanno il 30-40% dei gin di tutto il mondo.  

Appare infine indispensabile la creazione di un’associazione di produttori, che sostenga la categoria, la filiera e le piccole aziende, qualitativamente più interessanti a stare sul mercato e propense all’internazionalizzazione.

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